29 anni sottona

Certe consapevolezze arrivano come uno schiaffone in piena faccia mollato da tua madre al primo 2 in matematica sulla pagella del liceo. Come quando sali sulla bilancia dopo Natale. Credi di aver fatto qualche errore, ma in linea di massima ti sei sempre comportata bene, non di certo una mitosi di minchiate. E invece no, ad un certo punto te le ritrovi tutte lì, come l’estratto conto della carta in periodo di saldi e ti chiedi “ma davvero ho fatto tutto questo?”.

Ed è con questa sorpresa negli occhi che mi guardo allo specchio e vedo una sottona. Che se passo in rassegna ogni relazione che ho avuto negli ultimi 15 anni, quella che alla fine ci ha rimesso di più sono stata io. E quando ne sono uscita illesa e mollante, era perchè essenzialmente non me ne fregava nulla. Solo una relazione, la più lunga e importante non ha avuto nessun risvolto tragico nè tossico. è finita, semplicemente. Senza ripensamenti, nè ritorni di fiamma, nè chiarimenti e sottonamenti vari ed eventuali con tentativi di riconciliazione e diplomazia con tragedie annesse e connesse. Ognuno nel proprio rispettoso e contenuto dolore.

Prima di questa erano spesso delle mini tragedie; piangevo qualche settimana, ma ero una ragazza. Avevo da pensare alla scuola, all’università, al futuro, agli amici. Non esisteva whatsaspp con gli accessi, le spunte blu. Le storie di Facebook, Instagram, Telegram, il gps e lo stalking. La delusione veniva archiviata molto più facilmente. A 18 – 20 anni è normale assorbire meglio le botte, rialzarsi, dimenticare e passare al prossimo senza sottonarsi più di tanto. Fino al limite temporale del 2013 credevo veramente di aver dato il mio peggio nella nobile arte dello zerbinismo, e invece no.

Dal 2017 ad oggi deve essermi comparsa la scritta “welcome” sulla schiena in almeno 3 lingue e se continuo così anche in braille. Ma superata la soglia del 25 inizi a dare peso a qualsiasi cosa nell’illusione che quella sarà la storia d’amore della vita, che se lui ritorna continuamente dopo averti mollata come il sacchetto dell’organico, è perchè siete legati da qualcosa di speciale. Che è il vero amore, perchè per quanto ti molli di te non può fare a meno e altre stronzate Disney varie che mi hanno traviato la mente. Che se ci sei sempre e se viene sempre a piangere da te è perchè sei importante e fondamentale e prima o poi lo capirà e starete insieme per sempre, farete tanti bambini e sarete felici per sempre. Perchè lui se ne accorgerà. Ed ecco che passi da essere umano a pezzo dell’arredo.

E aspetti attaccata a quel cazzo di telefono, salti come un grillo al primo messaggio sperando che dall’altra parte arrivino segni di vita; ti domandi se sia impegnato e ti fai mille domande se lo devi chiamare tu, se gli dai ancora qualche giorno di dubbio. Poi a meno che tu non ceda prima, appena lui fischia, via che corri come il labrador che sente i passi del padrone nell’androne del palazzo.

La realtà è che chi non ti cerca è perchè non ne ha voglia, perchè sì è impegnato con i cazzi suoi di cui tu non fai parte. Chi se ne va è perchè vuole andare via e se ritorna è perchè sa di poterlo fare, per pulirsi nuovamente i piedi sulla tua schiena, per potersi lagnare, confessare, sfogare, svuotare per poi tornarsene bello leggero a mandare avanti la sua vita, senza di te. Fino al prossimo bisogno di qualcosa. Non sono importante, speciale, irrinunciabile. Sono solo lì, come uno spremiaglio ikea, che se mi serve lo uso ma che anche se non c’è fa lo stesso, mi arrangio con altro.

Dopo questo moto di orgoglio torno ad aggiornare whatsapp. Metti che mi ha cercato, non vorrei farlo aspettare.

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